Amici decenti e dove trovarli

Ho cominciato ad avventurarmi su internet quando andavano di moda ForumFree e ForumCommunity. Avevo circa 12 anni e l’unica cosa che volevo era trovare della gente con cui parlare di Harry Potter, con cui aspettare l’uscita del film o del libro successivo. Inoltre, non facevo che salvare tutte le immagini potteriane in cui mi imbattevo. La mia cartella “Harry Potter” conteneva quasi 1 giga di materiale tra foto, video, gif, colonne sonore e fan fiction.

C’era un forum che aveva un posto speciale nel mio cuore, l’Harry Potter Fans Community, sul circuito ForumFree. Purtroppo Facebook e i vari social che si sono avvicendati negli ultimi anni hanno decretato la fine dei forum, che a mio parere erano di più facile consultazione. Volevi parlare del libro delle Fiabe di Beda il Bardo? Beh, c’era una sezione in cui farlo o un thread dove si parlava esclusivamente di quello. Ti andava di vedere delle fan art sulla fenice Fanny? Potevi cercarle nella sezione delle fan art dedicata alle creature magiche o magari ti aprivi un topic. Non c’era da scorrere i post di una pagina infinita di Facebook e così difficilmente ti perdevi un commento o un post interessante. Questa cosa rendeva più facile fare amicizia.

E quella era una parte davvero fantastica. Nonostante la mia dannata timidezza, ero riuscita a trovare tre amiche con cui ci si scambiava informazioni sulla saga, fan fiction scritte da noi quattro e anche commenti sulla scuola. C’era un certo equilibrio nella mia vita, al tempo delle medie.

A 12 anni non ti viene in mente che magari le cose cambieranno, che ForumFree non è immortale e che il liceo stravolge gli equilibri (specie quando metà dei tuoi insegnanti non comprende che non è giusto costringerti a studiare tutti i giorni dalle 15.30 alle 22). Mi aspettavo che avrei vissuto sempre con quel tenore di vita: bei voti, tanti hobby, buoni amici online e buoni amici nella vita reale.

Solo che non è andata per niente come pensavo, perché le amiche le ho selezionate accuratamente. #sarcasm

In un periodo in cui Friends, Will&Grace e, perché no, anche Harry Potter creavano il mito dell’amicizia vera, io cominciavo a infognarmi progressivamente in amicizie destinate ad affondare come il Titanic.

La mia migliore amica storica era una manipolatrice. A 14 anni ha tenuto il broncio per giorni quando scoprì che avevo superato la prova d’ingresso al conservatorio (a cui ho deciso di rinunciare per non perdere la bell’amica), si arrabbiò perché i miei mi avevano regalato la PlayStation 2 e i suoi non le facevano mai regali particolarmente belli (cosa, peraltro, non vera: aveva solo una naturale inclinazione all’invidia) e non mi parlò per giorni per quell’unica vacanza che io e la mia famiglia siamo riusciti a fare insieme, perché proprio non le andava a genio che io facessi qualcosa, qualsiasi cosa, che non coinvolgesse esclusivamente lei. Avrei dovuto dare ascolto a mia madre.

Anni dopo ho fatto amicizia con una ragazza veneta che non riusciva a non ridere delle mie vocali aperte e che aveva un fratello che mi chiamava “la terrona“. Era un’amicizia impari che è finita in maniera indolore. Credo che tutto sia iniziato dopo la sua visita in Sicilia: troppo sole, troppa gente al bar, troppo quieto vivere e troppe grasse risate. E meno – molto meno – denaro.

All’università c’era una ragazza nel gruppo di amiche che ha passato la bellezza di tre anni a straziarci l’anima dopo essere stata lasciata dal fidanzato. Mi scriveva alle sette del mattino e iniziava a sdoganare il suo mal di vivere perché non aveva un ragazzetto che desse significato alla sua vita. Il problema è che a furia di sentire i suoi lamenti per dodici ore al giorno, anche io avevo iniziato a star male, avevo assorbito il suo dolore come una spugna e, in buona sostanza, era diventato anche il mio. Andava al di là della solidarietà tra amiche, mi sentivo quasi in colpa a star bene ed ero arrivata al punto di autosabotarmi di continuo.

In anni più recenti avevo instaurato una buona amicizia a distanza con una ragazza che sembrava avere la testa sulle spalle, una bella personalità e tanta voglia di condividere esperienze e pensieri con me. Pensieri che, però, col trascorrere del tempo, si sono tramutati in negatività continua e del tutto immotivata.

Ne ho dedotto che la mia funzione è sempre stata quella di essere usata per lamenti e pianti. Di per sé non è nemmeno sbagliato. Gli amici si ascoltano, si aiutano, si supportano. A vicenda.
Ogni volta che ho notato l’assenza della vicendevolezza, mi sono chiesta se fosse giusto portare avanti un rapporto che sembrava essere solo strumentale.
Non facevamo shopping insieme, non andavamo al cinema, non ci divertivamo con i videogiochi. Era un eterno pianto, finché non ho sfanculato tutte. Perché non ne potevo più e perché nel frattempo è sorta l’esigenza di trovare un modo per pagare le bollette.

Mi piacerebbe dire che mi manca avere un’amica intima – non quelle del gruppo di lettura che vedo una volta al mese e nemmeno quelle che vedo di tanto in tanto per lavoro – ma non so se posso dirlo. Probabilmente mi sarebbe piaciuto avere un’amica che oltre a lamentarsi delle sue giornate “no” mi avesse parlato del libro che stava leggendo, una che non avesse rifiutato le mie chiamate per paura di essere rimproverata dalla madre (a 20 anni suonati), una che mi contattasse su Zoom durante il lockdown per gestire insieme lo stress psicologico che abbiamo subito tutti la scorsa primavera.

A questo punto mi piacerebbe capire due cose: quale errore ho commesso negli ultimi (quasi)trent’anni? Vale ancora la pena di insistere a voler percorrere la strada dell’amicizia?

Ma poi non è che mi sto trasformando nella mia nemesi, un piagnisteo costante? Bella domanda.